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Chiesa parrocchiale di Pratrivero dedicata a San Giuseppe

 

La facciata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA PARROCCHIA DI PRATRIVERO

Pratrivero fu il terzo centro del vasto comune di Trivero a staccarsi dalla Matrice dei SS. Quirico e Giulitta. In origine il territorio della sua parrocchia comprendeva le frazioni di Prato, Barbero e Pramorisio, ma nel 1935 quest’ultima passò sotto la giurisdizione della nuova parrocchia di Ponzone. Pramorisio ebbe un proprio oratorio dedicato a S. Defendente, fin dalla fine del sec. XVI, mentre l’oratorio di S. Giuseppe di Prato, che poi divenne sede della parrocchia, fu edificato solo verso il 1668. Donazioni di terreni e offerte della popolazione permisero ben presto l’erezione di una cappellania, come si può desumere dalle Visite Pastorali della seconda metà del secolo XVII.
Nei primi decenni del secolo successivo, salita la popolazione delle tre frazioni a 450 anime, raggruppate in 80 famiglie, si iniziarono le pratiche per l’indipendenza religiosa. Furono lunghi anni di lotte, che però diedero i loro buoni risultati. Nel 1713 nella chiesa di S. Giuseppe era stata fondata una compagnia di disciplini, sotto il titolo della Madonna della Porziuncola, i cui membri diventarono ben presto i fautori principali dell’indipendenza parrocchiale.
La prima supplica, che nel 1739 i frazionisti indirizzarono al Vescovo di Vercelli, diceva così: «Li particolari de Cantoni di Prato Pramorisio e Bebero, componenti fra tutti il solo Cantone denominato di Prato Membro del luogo di Trivero umilmente rappresentano all’E. V. comporre circa ottanta Famiglie et circa quattrocento cinquanta anime, e ritrovarsi in lontananza dalla Parochiale Chiesa de Santi Quirico e Giulita più d’un grosso miglia, et in situazione molto più bassa et inferiore di detta Parochiale, con strade montuose aspre e difficili, a segno che gl’abitanti in detti Cantoni non posono in tempo d’estate portarsi ad essa Parochiale salvo con luoro grave incmodo sì per la montuosità et asprezza di d.e strade che per la longhezza del camino; e nel tempo d’Inverno, stante la quantità de giachij e nevi solite cadere per esser d.° luogo di Trivero e Cantone di Prato posti fra freddi monti, le resta impossibile pel corso di tre e più mesi d’andare ala sud.a Parochiale senza pericolo evidente delle luor vite: che anzi per evitare li pericoli che nel corso d’esse strade frequentemente s’incontrano pendente detto tempo d’Inverno sono li med.i Particolari costretti passsar per altre strade più lunghe e più montuose col luoro maggior incomodo, introducendosi in bene de terzi per portar li Cadaveri alla Sepoltura e li Figlioli al Sagro Fonte, e per tali cause puochi de sud.i Cantoni ponno andar a Divini Officij e Fontioni Parochiali, ma principalmente gl’Attempati, Donne Gravide, valetudinarij et altre persone deboli, e molto meno li figlioli ponno frequentar in d.a Matrice le dottrine Cristiane: oltre di che diversi Particolari di detto Cantone si sono resi deffunti senza esser assistiti negli ultimi periodi della luoro vita e senza essere prima muniti della Penitenza et Eucharistia e varij Cadaveri umani sono remasti per diversi giorni insepolti, a motivo anche de Temporali al tempo d’estate, che causano escrescenze a Rivi quali devonsi attraversare prima di giungere alla Parochiale sud.a, il tutto non senza pregiudizio delle Anime de sud.ti Particolari e Abitanti, quali bramosi di provedervi per l’avenire, desidererebbero, sotto però sempre l’assenso e beneplacito di V. Em.za di erigere nel d.° luoro Cantone di Prato una nova Parochia, con smembrarsi dalla sud.a de SS.ti Quirico e Giulit, valendosi a quest’effetto dell’Oratorio e Chiesa, che trovasi esistente in d.° Cantone di Prato sotto il titolo et invocazione di S. Giuseppe per opera di luoro Particolari stata construtta, qual Chiesa oltre all’essere capace per tutto il Popolo et abitanti ne sud.i Cantoni, resta altresì comoda a tutti luoro, ben ornata e provista di suppellettili: e però li med.i Particolari con animo e protesta d’essere pronti di suplire e proveder la Congrua dote d’essa nova Parochia alla mente de Sagri Canoni, quando l’Em.za V.a voglij degnarsi accordargliene l’erezione a maggior culto di Dio, et acciò sempre più cresca e s’aumenti la divotione di quel popolo …».
Il Vescovo accolse favorevolmente la loro richiesta ed iniziò la procedura canonica per la nuova erezione. Il 12 settembre 1739 i capi famiglia si radunavano sulla pubblica piazza del cantone e si impegnavano a versare ogni anno al futuro parroco la somma di lire duecentocinquanta di Piemonte a titolo di congrua, riservandosi però il diritto di patronato sulla chiesa e sulla nomina del parroco.
Ma contro di essi si levò accanitamente la voce del parroco di Trivero, che con la privazione di questi cantoni, si sentiva defraudato nelle offerte della parrocchia, soprattutto dell’entrata delle decime, consistente in una mina di segala per la famiglia. Egli non era contrario che nella chiesa di Pratrivero si conservasse l’Eucaristia, si edificassero il Fonte Battesimale e un sepolcro per i fanciulli, ma assolutamente non poteva permettere che si erigesse la parrocchia. La precaria situazione delle strade era un’assurdità inventata dai frazionisti, poiché quelle stesse strade erano percorse in ogni stagione da coloro che si recavano ai mercati di Crevacuore, Borgosesia, Varallo e Orta e proprio nelle vicinanze dell’oratorio di Pratrivero si trovava la stazione per far pagare il dazio ai viandanti. Si fece fare una perizia delle strade dall’ing. Giuseppe Antonio Genta di S. Sebastiano Torinese; i frazionisti passarono ad uno ad uno a testimoniare con giuramento la veridicità delle loro tesi; le spese salirono alle stelle e la causa si protrasse per cinque anni.
Finalmente il 6 agosto 1744, il Vescovo, mons. G. P. Solaro, fondava la parrocchia e nel decreto di erezione così dichiarava: «… autoritate nostra ordinaria, nec non ad formam et mentem Sacri Concilij Tridentini, separamus, dividimus et concedentes Hominibus, Incolis et habitatoribus dictorum locorum plenam et integram potestatem in dicta Eccl.ia S.ti Josephi fontem Baptismalem Cemeterium et alia Parochialitatis insignia constituendi et retinendi: Pro substentatione vero Rectoris dicte Nove Eccl.ie Parochialis et onerum supportatione assignamus et in perpetuum applicamus prefato Rectori et eius Successoribus annuam summam scutorum quinquaginta monete Romane, que respondet summe librarum biscentum quinquaginta monete Pedemontane prout in Instrumento dotationis sub duodecima septembris anni millesimi septingentesimi trigessimi noni recepto et manualiter subscripto Roppoli, una cum oblationibus, eleemosinis alijsque de Jure vel consuetudine competentibus reservantes in perpetuum favore Particularium seu capitum domorum eorundem Vicorum ratione dotationis predicte quoad duas voces et quoad tertiam vocem favore D.ni Prepositi Eccl.ie Matricis eiusque Successorum ratione decime seu prestationis mensurarum siliginis, qua vigore huius sententie privatur, eaque in Dotem et pro dote nove Parochie applicatur et assignatur jus Patronatus seu jurus nominandi et presentandi ad predictam Parochialem sic errectam tam pro hac vice, quam quoties vacare contigerit Rectorem, seu Parrocum ab hac Curia Ep.ali approbandum, instituendum et confirmandum cum onere eidem Paroco eiusque Successoribus adimplendi et fideliter exequendi omnia munia Parochialia, cum oblgatione insuper dicto novo Paroco eiusque successoribus in perpetuum remittendi, solvendi seu consignandi singulis anni in Festo S.ti Eusebij huic mense Episcopali dimidium libre cere albe et elaborate ad hoc autem eidem Eccl.ie Matrice debitus, honor servetur volumus et mandamus quod singulis annis die Festi Sanctorum Quirici et Julite dictus novus Parocus eius Successores in perpetuum una cum Jncolis Parochialis processionalitater ad Parochialem Matricem accedant, ipsique unum cereum cere elaborate librarum trium offerat in signum Matricitatis …».
La processione annuale alla chiesa matrice con l’offerta della torcia e il diritto di una voce su tre nella nomina del parroco di Pratrivero non accontentarono D. Fasolio, curato di Trivero. Contro il decreto del Vescovo, egli fece ricorso presso mons. Ludovico Merlini, Vescovo di Atene e Nunzio Apostolico di Torino. Il diritto nella nomina del parroco era troppo poco in confronto alla perdita finanziaria delle decime e delle offerte. Il Nunzio, con sentenza del 25 gennaio 1746 gli dava ragione e imponeva ai parrocchiani di Pratrivero di versargli annualmente £. 32, oppure una volta tanto £. 842 da investirsi in terreni e censi, il cui reddito formasse ogni anno la somma predetta. Furono costretti ad accettare . All’inizio pagarono annualmente il loro tributo, ma nel 1749 preferirono dargli la somma globale di £. 842,10, che fu investita in terreni a Masserano, liberandosi così dall’obbligo annuale. Non così fu per la torcia, che si continuò ad offrire fino al 1879, anno in cui fu riscattata con la donazione, una volta tanto, di £. 130.
Gli abitanti di Pratrivero gli resero però pan per focaccia, poiché quando si trattò di nominare il primo parroco procedettero alla nomina da soli, senza il parroco di Trivero, suscitando un immediato ricorso dello stesso al Vescovo. Il patronato fu esercitato fino al 1784. Divenuto troppo gravoso il peso della annua congrua, il 30 e 31 maggio i capi famiglia stabilivano di dare al parroco alcuni mulini di granaglia con quattro macine e uno di «folle di stoffe», a patto di essere esentati dall’obbligo delle 250 lire annuali e rinunciando nello stesso tempo al diritto di patronato. Fu accettato e da allora la parrocchia divenne di libera collazione.
Nel 1762 i frazionisti elessero per l’ultima volta il loro parroco nella persona del concittadino D. Gulielmo Antonio Giletti. In tale occasione, con decreto del 10 novembre, il Vescovo mons. G. P. Solaro, concedeva al parroco il titolo di pievano e alla parrocchia quello di pievania. Così rimase fino a D. Debernardi (1832 – 1867), che ebbe il titolo di arciprete e cosa continua ancora attualmente.
Nel passato la popolazione rimase per lungo tempo stazionaria: nel 1819 vi erano 500 persone e 106 fuochi; nel 1830 le famiglie erano 125 e le persone 587; nel 1903 vi erano 800 persone; attualmente la popolazione si aggira sulle 1.200 anime.
L’archivio parrocchiale è discretamente fornito di documenti, ma manca buona parte degli atti anagrafici più antichi. La cronistoria non contiene avvenimenti di particolare rilievo.

I PARROCI DI PRATRIVERO

Guglielmo Antonio Caviggia di Roasio (1744 – 1762)
Fondata la parrocchia, quando si trattò di nominare il primo parroco gli abitanti di Pratrivero scelsero D. Caviggia, che già da diversi anni era loro cappellano e che non aveva mancato di aiutarli a sostenere la lunga battaglia per l’indipendenza parrocchiale. La sua nomina fu effettuata il 7 agosto e confermata dalla Curia di Vercelli con decreto del 19 agosto 1744. Prese possesso della parrocchia il 29 agosto successivo. Nell’Inventario della chiesa, che redasse nell’anno seguente, si definisce figlio del fu Franco Caviggia di S. Giorgio di Roasio, moderno e primo Parocho. Morì in sede l’8 settembre 1762, ma non si possiede il suo atto di morte, mancando i registri di molti anni.

Guglielmo Antonio Giletti di Pratrivero (1762 – 1805)
Fu nominato per elezione popolare il 23 settembre 1762 e confermato con decreto vescovile dell’8 novembre. Fece il suo solenne ingresso, con il titolo di pievano, il 21 novembre successivo. Nel 1802, ridotto alla cecità, domandò al Vescovo la dispensa dalla recita del Breviario e la facoltà di celebrare nei giorni festivi la Messa alla Madonna e in quelli feriali la Messa da morto, che sapeva a memoria. Morì a 73 anni il 21 gennaio 1805. Fu nominato economo spirituale dD Giuseppe Giletti.

Giuseppe Antonio Giletti di Pratrivero (1810 – 1832)
Ala morte del predecessore, il 1 febbraio 1805 veniva nominato economo spirituale D. Giuseppe Antonio Giletti, già da anni viceparroco a Pratrivero. Come economo resse la parrocchia per cinque anni, finchè il 12 luglio 1810 fu nominato pievano. La nomina fu fatta dal Vescovo, in quanto fin dal 1784 i capi famiglia avevano rinunciato al patronato.
Nel 1830, in una lettera indirizzata al Vicario Generale scriveva: «L’età sua già ora avvanzata di anni sessantasette, il non interrotto di lui servizio della Chiesa da esso prestato nella qualità prima di Vice-Parroco, quindi di anni cinque di Economo e poscia da anni diecinove in venti in qualità di Pievano di questa Parrocchia formanti fra tutto il non interrotto servizio di anni trenta sette. L’essenzialissima e per esso già assai penosa semicecità sopraggiunta da anni due circa (oltre altri notori suoi incommodi massime d’apprension di stomaco) che fra pochi mesi lo necessiteranno a cimentarsi all’operazione della cataratta con dispendio suo non tenue e con pericolo pur anche della total perdita della vista».

Michele Debernardi di Zubiena (1832 – 1867)
Il decreto della sua nomina a pievano di Pratrivero porta la data del 28 giugno 1832 e prese possesso il 12 agosto dello stesso anno. Fu il primo a firmarsi «arciprete», titolo ancor oggi in uso.
Morì in sede il 21 luglio 1867 e fu sepolto nel cimitero.

Nicolao Faudella di Pavignano (1867 – 1894)
Quando fu nominato parroco di Pratrivero era economo spirituale a Pavignano. Ottenne la parrocchia per concorso; la sua nomina fu fatta il 19 dicembre 1867 e prese possesso il 17 febbraio 1868. Fece ampliare la chiesa parrocchiale e costruire il nuovo cimitero.
Morì a Ptratrivero il 18 marzo 1894 e fu sepolto nel cimitero di Pavignano, dov’era nato 62 anni prima da Giovanni Faudella e Margherita. Bora. Ala sua morte fu nominato economo spituale D. Vitale Barberis.

Pietro Bisone di Magnano (1894 – 1944)
Era nato a Magnano il 18 marzo 1865 e ordinato sacerdote il 17 dicembre 1887. Era nipote di D. Bisone, parroco di Dorzano. Alla morte dello zio, nel 1893, fu nominato economo spirituale di Dorzano, e nell’anno seguente economo spirituale di Mottalciata S. Maria. In questo ufficio lo raggiunse la nomina di parroco di Pratrivero, fatta con decreto vescovile del 20 agosto 1894. Fece il suo solenne ingresso il 25 novembre dello stesso anno. Durante il suo lungo ministero, durato cinquant’anni, fiorirono e prosperarono in parrocchie opere di pietà e associazioni cattoliche, che in tempi di dure lotte operaie seppero mantenere fedeltà ai principi cristiani.
Morì a Pratrivero il 18 febbraio 1944, all’età di 79 anni e fu sepolto nel cimitero. Alla sua morte fu nominato economo spirituale D. Isaia Tombini, viceparroco.

Ugo Bertoglio di Vallemosso (1944 – 1945)
Nato a Vallemosso da Carlo Bertoglio e Ida Strona il 27 gennaio 1912, compì gli sudi nel seminario diocesano e fu ordinato sacerdote il 20 aprile 1935. Nel 1935 fu viceparroco e poi economo spirituale di Mezzana e nel 1936 a Biella-S. Paolo. Con decreto vescovile del 28 febbraio 1940 fu nominato parroco di Ceresito, di cui prese possesso il 28 aprile successivo. Fu trasferito alla parrocchia di Pratrivero il 1 giugno 1944, prendendone possesso il 23 luglio dello stesso anno. Nell’anno seguente rinunciò alla parrocchia e nel 1948 fu rettore del Cerino Zegna di Occhieppo Inferiore. Nel 1955 fu nominato economo spirituale di S. Giuseppe di Casto, di cui divenne parroco con decreto del 18 gennaio 1956 e con possesso del 10 maggio seguente.

Giovanni Marelli di Varedo (1945 – 1959)
Nacque a Varedo l’11 ottobre 1898 da Carlo Marelli e Giuseppina Colombo e ricevette l’ordinazione sacerdotale il 15 aprile 1933. Nello stesso anno fu viceparroco a Pralungo e nel 1938 economo spirituale di Viera-Rivò, di cui fu nominato parroco con decreto vescovile del 30 luglio, prendendone possesso il 23 ottobre successivo. Ottenne la parrocchia di Pratrivero il 24 ottobre 1945, ove fece il suo ingresso il 28 aprile 1946. Il 31 dicembre 1959 rinunciò alla parrocchia e si trasferì alla Colonia della Pontificia Assistenza ad Imperia e nel 1961 ad Oropa. Nel 1961 si ritirò nel suo paese natale a Varedo.

Fernando Marchi di Castell’Arquato (1960 – 1979)
Nato a Castell’Arquato il 18 gennaio 1931 da Ludovico Marchi e Angela Sanguinazzi, studiò nel seminario di Biella e fu ordinato sacerdote il 12 giugno 1954. Fu dapprima assistente nell’Istituto Regina Montis Oropae di Sagliano e poi viceparroco di Mosso S. Maria. Il 2 gennaio 1960 fu nominato economo spirituale di Pratrivero e il 2 febbraio parroco. Nel 1979 rinunciò alla parrocchia, essendo stato nominato vicario episcopale per la pastorale diocesana.

Franco Farina di Molteno (1979 – 1986)
Nato a Molteno in provincia di Como il 10 dicembre 1937, divenne missionario nella congregazione torinese della Consolata. Ordinato sacerdote a Torino il 19 dicembre 1964. Per motivi di salute dovette rientrare in Italia dal Kenya e fu per qualche tempo direttore della casa del Brovarone di Trivero. Nel mese di settembre del 1979 fu nominato reggente della parrocchia di Pratrivero con facoltà parrocchiali.
Nominato Arciprete di Pratrivero il 11 Gennaio 1981, rinuncia all’incarico il 31 dicembre 1986.
Nominato Prevosto di Strona il 11 marzo 1994, rinuncia all’incarico il 27 ottobre 1998.
Nominato Rettore di Casapinta il 11 Marzo 1994, rimosso per trasferimento il 25 Ottobre 2005.
Nominato Amministratore provinciale di Mottalciata e Gifflenga il 4 Ottobre 2007. Rinuncia all’incarico il 16 Luglio 2010.
Morì ad Alpignano (TO) il 18 giugno 2012. E’ sepolto a Molteno (CO).

Claudio Maggia ()
Nato a Ivrea (To) il 31/12/1944. Viene ordinato Sacerdote il 23 giugno 1968.

LA CHIESA PARROCCHIALE DI PRATRIVERO

L’idea di costruire un oratorio nella frazione Prato di Trivero maturò intorno al 1665.Il primo documento che accenni al progetto della sua costruzione è una donazione da parte di Bernardino Loro «alla Chiesa da fabricarsi nel Cantone del Prato, sotto l’jnvocatione del Gloriosissimo S.to Giosepe nel loco et sito determinato nel presente loco …, di due travate di Casa murate coperte a paglia con corte, chioso e riva … situate ove si dice a casa de Giletti …, con patto e conditione che delle pietre site in d.te Case … si debbi fabricare la d.ta chiesa ivi nel med.° sito et ove serà determinato et che li beni stabili, chioso corte sito ed altro si debbi jncantarsi et deliberarsi al loco solito al più offerente et del denaro spenderlo in Beneficio della med.a fabrica». Il donatore concludeva affermando di aver ciò stabilito «per obligatione che ha a d.ta Chiesa per haver ottenuto gracie particolare da S.D.M. con simil jntentione».
L’oratorio doveva già essere in costruzione nel 1666, poiché in un’altra donazione di terreni, fatta da Anselmo Barbero e Giulio Giovanni fratelli pure Barbero «al oratorio del Patriarca Santo Gioseppe», si stabiliva che detti beni fossero posti all’incanto «et il denaro che da essi beni si caveranno si spendi per la fabrica del predetto Oratorio». Nel 1668 una parte di esso era già ultimata nella struttura muraria ed era benedetta dal parroco di Coggiola.
Su istanza del priore del nuovo oratorio e degli uomini del cantone, il 14 giugno 1668 il Vescovo di Vercelli aveva delegato il parroco di Coggiola, D. Gio. Battista Gurgo, a visitare la nuova chiesa e a benedirla. Il 9 dicembre D. Gurgo era a Pratrivero e con l’assistenza di D. Gio Maria Zegna, parroco di Trivero e di D. Michele Cecidano, cappellano della stessa parrocchia, procedeva alla visita e al rito della benedizione. Nel verbale redatto per l’occasione il delegato così descrive la chiesa: «Et promo haver ritrovato un oratorio inserto come siegue cioè di larghezza di piedi quindeci, stabilito, voltato, con un quadreto e rosone Cornice, sternito serato avanti di boni assi et altri legni ben forte et sicuro et la porta di boni assi nel mezzo con sua chiave, qual resta appresso il sud.to priore Zerbo con consenso del sig. Curato, con una fenestra verso mezzo giorno et una mezza luna di sopra verso matina serate con sue stamegne, tela et carta, che il tutto rende d.to oratorio sicuro da venti et aqua. Più un altare di pietra con sua bardella d’assi ben fatta con la pietra consecrata inserta in d.to altare alla forma de Concilii. Più avanti d.to altare un quadro grande con il retratto della madona santissima nel mezzo, dalla parte destra il retratto di S.to Gioseppe et S.ta Anna et dalla parte sinistra il retratto di S.to Giacomo magiore et S.to Antonio de Padua con altre immagini qual resta suficiente. Più due Angeli et una tavoletta dorati con quatro Candelieri di lotone, con suoi mentili tovaglie contraltari pianete Camice misale et ogni altre sorti di jnstrumenti necessari per la celebratione della S.ta Messa, jl qual sig.r delegato ha dechiarato et dechiara esser d.to oratorio construtto coi soi apendici necesari alla forma de Concili provinciali masime del Concilio provincial quarto et visita apostolica. Jn virtù delle quali il pred.° sig. delegato con l’jntervento et asistenza di cui sopra ha proceduto alla beneditione et alla celebratione della S.ta messa, concedendo di poter celebrarsi alla forma de Concili sud.ti …».
La chiusura con assi e legni lascia supporre che l’oratorio non fosse ancora ultimato. Infatti la Visita Pastorale del 1671 ci dice che vi erano soltanto il coro e il presbitero costruiti: «Oratorium sub tit.° S.ti Joseph noviter constructum in Cantno del prato cum opportuna facultate huiusque adest tantum Chorus bene dispositus et decenti jcone ornatus. Altare habet requisita ibi celebratur diebus ferialibus». E nei decreti della Visita Pastorale si stabiliva: «Per l’oratorio di S. Gioseppe nel Cantone del Prato novamente eretto non essendovi altro di perfetto ancor che il Choro s’ordina quello perfettionarsi almeno fra due anni prossimi».
Il tempo di due ani non fu rispettato; però si diede inizio ai lavori. Si lavorava nel 1676: «Oratorium S. Joseph in eodem Cantono de Prato dicti loci Triverij exigit clausuram muri a lateribus (quia ad grandiorem formam reducitur) ad impediendum ventorum impetum, aquarum molestiam coercendam … Residet in hoc oratorio Capellanus Rev. Pr. Petrus Zerbi eiusdem loci, habet facultatem audiendi confessiones non tamen in oratorio, divinis officijs et doctrine xpiane in parochiali assistit».
Si lavorava ancora nel 1692, come si ricava dalla Visita Pastorale di tale anno: «… visitatum fuit Orat.um S. Josephi in Cantono d.° del Prato quod modo construitur et minister est Antonius Gilettus huiusce Cantoni. Altare satis aptum provisum … Capsa est in Calix, patena, Alba et due Planete reposite videtur … Habet campanam unum et Confessionale … Habet etiam pratum quod currente anno duplo locatum fuit, nullum autem legatum».
E si continuò a lavorare per altri decenni, mossi anche dall’intento di erigere in esso una nuova parrocchia. In un libro dei conti si trova che nel 1711 si stava costruendo l’ultimo arco dell’oratorio e l’icona della cappella per riporre una nuova statua della Madonna del Carmine; nel 1730 e 1731 sono elencate ingenti spese «per la fabrica nova» e nel 1735 per «costruire il coro».
La statua della Madonna del Carmine era stata scolpita in legno dallo scultore Giovanni Alberto Campo di Crevacuore, per il prezzo di cento lire e offerta ad da Antonio Lora e dai suoi fratelli. Il 19 luglio 1711 era stata portata in processione dalla chiesa parrocchiale di Trivero all’oratorio di S. Giuseppe con grande concorso di clero e di fedeli, venuti anche dai paesi vicini e collocata «in un nichio eretto nella cappella meridionale di d.° oratorio». Già negli anni immediatamente successivi di questa statua non si parla più. Una tradizione locale attesta che fu asportata dagli abitanti di Trivero e collocata nella loro chiesa, dove in quegli stessi anni era stata fondata una confraternita dedicata alla Madonna del Carmine.
Nel 1739, durante le lotte per l’erezione della parrocchia, la chiesa di S. Giuseppe fu visitata dall’ing. Giuseppe Antonio Genta di S. Sebastiano Torinese, che così la descrisse nella sua relazione: «… si è ritrovata la medema di longhezza dalla muraglia interiore della faccciata di detta Chiesa o sia oratorio di quatro trabuchi piedi cinque luprandi e mezzo sino al gradino del Sancta Sanctorum, et dal detto Gradino del Sancta Sanctorum sino al primo de tre Gradini dell’Altare Maggiore di longhezza d’un altro Trabucho et dal detto sino alla muraglia che divbide la Chiesa dal Choro di longhezza d’altri cinque piedi liprandi et oncie otto comprensivamente a detta muraglia divisoria ed da questa sino alla muraglia del Choro fatto in forma esagonale, e sia ovata di longhezza d’un Trabucho piedi due e mezzo liprandi. Et misuratone la larghezza di detta Chiesa construtta d’una sol navata esclusi li siti delle Cappelle laterali si è ritrovata di larghezza di Traducchi due e piede uno liprando dal detto Gradino del Sancta Sanctorum sino alla muraglia della faciata della Chiesa, et dal detto Gradino del Sancta Sanctorum sino alla muraglia dividente il Choro si è ritrovato di larghezza di Trabucchi due piedi due liprandi et oncie quatro, et dalla detta muraglia dividente il Choro, o sia interiormente al Choro si è ritrovato di larghezza, o sia semidiametro di Traducchi due piedi uno liprando et oncie quatro …
La sudeta Chiesa resta sternita di Botumme in calcina solamente per la longhezza di Trabucchi tre piede uno liprando et oncie sei dalla parte verso la faciata della Chiesa, et per il rimanente di detta Chiesa, Sancta Sanctorum e Choro non resta sternita … Non essersi sin qui fatto sternire il rimanente di d.ta Chiesa a cagione della sepoltura fattasi fare puoco tempo fa in detto sito dove non resta sternito … et quanto al Choro non sternito esser anche proceduto buona parte de tal causa, essendosi determinato di compiere il sternito tutto unitamente colla stabilitura della parte non stabilita come infra, offrendosi di ciò fare fra breve termine havendo tutti li Materiali et il necessario in pronto coll’idea eziamdio di farla dipingere …».
Per quanto riguarda la costruzione del nuovo coro «si presenta il Rescritto di V.S. Ill.ma et Rev.ma delli dieci nove Luglio mille settecento trent’uno col Rescritto in seguito dell’Ecc.mo Reale Senato delli nove ottobre susseguente con gl’attestati Giudiziali al med.° uniti …
Jndi misuratasi l’altezza di detta Chiesa si è trovata dal suolo della medema sino alla volta l’altezza di Trabucchi due piedi quatro liprandi oncie cinque oltre poi la maggior ellevazione d’ncie tre importare della fascia da cui si è havuta la misura et dal suolo di detta Chiesa sino al Cornagione della medema si è ritrovato d’altezza di Trabuchi uno piedi quattro liprandi oncie sette …
Quest’oratorio ha sette finestre sopra il cornigione, e cioè uno sovra il cornigione della facciata verso ponente e cinque sovra il cornigione della muraglia laterale verso mezzo giorno et una sovra il cornigione della muraglia del Choro verso levate, quali finestre a riserva d’una nella Capella della Madonna degl’Angioli sono con semplice riparo d’una Rarola e quella nella Capella della Madonna degli Angioli con sua vetrata e graticella al di fuori et oltre le sudette sette finestre esservene pure un’altra nel Choro a Cornu Epistole verso mezzo giorno inferiormente al cornigione con sua vetrata, graticella e ferata … Questa Chiesa dal cornigione al suolo per estensione del Choro, Sancta Sanctorum e parte della Chiesa cioè per l’estensione del sito delle due Capelle laterali, le muraglie sono nude cioè solamente rizate a pietra coperta et così senza stabilitura …
Si come la presente Chiesa resta sprovista di Sacristia et esservi una sol piccol Campana, qual si conserva sopra un’alzamento di fabrica fatto in forma di picol campanile qual resta sopra il Pilastro e muraglia laterale verso mezzo giorno di detta Chiesa per andar al quale si deve passare con una scala a mano sopra la volta di detta Chiesa …
La volta di tutta essa Chiesa comprensivamente al Choro e Sancta Sanctorum si trova sin al corniggione stabilita con sue cornici a profilo a riserva però del Sancta Sanctorum et Choro, come pure essere detto oratorio anche stabilito sin al suolo per tutta l’estensione della Chiesa comprensivamente alla faciata a riserva delle due Capelle laterali attigue al Sancta Sanctorum già sovra descritte … Si trova il suo Altare maggiore fatt’alla Romana con tre Gradni di Pietra rizata per ascender al medemo, et con tre altri Gradini sopra detto Altare che servono per riporre li Candeglieri, l’ultimo dei quali si dà l’ingresso i regresso al detto Choro essendo d.a muraglia stabilita …
Inferiormente al Sancta Sanctorum si vede lateralmente il sito di tre Capelle per parte ciascheduno di qual sito resta di longhezza di Trabucchi uno piedi due liprandi et oncie nove et sfondate per l’estenzione di piedi quatro liprandi oncie una, fra le quali le due prime laterali attigue al Sancta Sanctorum e non ancor stabilite come sovra sono vacue et le due di mezzo con suoi Altari cioè uno a Cornu Epistole dedicato alla Madonna degl’Angioli con il simulacro di Maria Vergine con sua vetriata avanti, formato esso altare a due colonne fatte a vite con suoi Capitelli e Piedestalli ornati di quatro Angioli et altri ornamenti di stucco sino alla somità della finestra superiore, qual capella si vede ornata di tredeci Tablette di voti con altri voti di cera con altra tabella movibile sopra il Pilastro a Cornu Evangelij in cui si lege Altare Privilegiato per il Lunedì et un’altra Iscrizione su la muraglia dell’altro Pilastro a cornu Epistole delli venti otto maggio mille sette cento tredici dicente D.O.M. Deipare Virgini de Portiuncola fundatore Padre Magistro Francisco Augustino Gambarova Rectore Min. Conventualium Sncti Francisci debitis auspicis grata sodalium pietas obsequium testatur. A qual Altare (è) canonicamente erretta una Compagnia della Portiuncola …
Più altro Altare nella Capella di mezzo a cornu Evangelij dedicato alla Conversione di S.to Paulo et un udro grande con sua cornice di noce intagliata qual serve d’Jncona (questo quadro, di buon pennello, è conservato attualmente in casa parrocchiale). Più … il sito delle due ultime Cappelle laterali verso la Porta resta vacuo a riserva di due Confessionali uno per parte … Nell’ingresso di detta Chiesa a Cornu Epistole si vede un vaso di Pietra per l’aqua benedetta. Si vedono Gradini di Pietra per l’estenzione della longhezza di detta Chiesa dal Sancta Sanctorum inferiormente, come pure quello che serve per andare nel Sancta Sanctorum a riserva del sito della Capella attigua al Sancta Sanctorum a cornu Epistole … In distanza della nuraglia della faciata di detta Chiesa di piedi cinque liprandi vi è un’altra sepoltura.
Nell’estremità della muraglia del Choro et sotto il corniggione del medemo si vede un Simulacro rapresentante Santo Gioseppe con sua vetrata avanti con alcuni voti al di fuori … Alle Pareti di detta Chiesa si ritrovano appesi venti quadri … Una Credenza in Choro di noce ferrata per la reposizione delle suppeletili …
Nel recinto del sito di detta Chiesa vi è una quantità di materiali, coppi et una tampa di calce … destinati per la costruzione della Sacrestia et ampiazione della Casa del cappellano … per essere detti materiali tutti stati levati dal Choro vechio della medema Chiesa in occasione che si è novamente ricostrutto detto Choro …»
Abbiamo riportato per esteso questo lungo documento perche è l’unica descrizione della chiesa prima della trasformazione attuale. Una sola navata con tre cappelle laterali per parte di cui due sole fino allora occupate da altari dedicati alla Madonna della Porziuncola e alla Conversione di S. Paolo. Della statua lignea della Madonna del Carmine non si fa più parola: alcuni documenti dell’A. P. lasciano dubitare che sia stata trasformata in Madonna della Porziuncola.
Dopo l’erezione della parrocchia in una di queste cappelle trovò posto il fonte battesimale, acquistato nel 1749 dalla parrocchia di Mosso S. Maria. Fu pagato 64 lire ed è una pregevole opera, sia per la pila in pietra bianca, che per la cassa lignea, del secolo XVII. Nel 1746 le opere murarie erano condotte dai mastri Carlo Molino e Gio. Pietro Zerbo e nell’anno seguente si trova la spesa «per fare la Sacrestia alli mastri di Coggiola». Nel 1749 si fece un piccolo campanile, in sostituzione dei due pilastri che sorreggevano l’unica campana della chiesa e nel 1751 alcuni mastri di Viera ultimavano la facciata e si collocava la porta di noce, lavorata a intaglio, lavoro di buon barocco piemontese del maestro Pietro Fei di Flecchia, che pure eseguì il pregevole mobile della sacrestia.
In un’altra cappella si costruì un altare dedicato al Suffragio, con quadro fatto dipingere nel 1751 e nel 1757 un altro altare in onere di S. Antonio. Buon lavoro di scultura era pure il pulpito, scomposto alcuni anni fa. Parte dei pannelli fu impiegata come ornamento alla porta della sacrestia. Risale alla seconda metà del secolo XVIII e ricorda l’arte degli scultori Argentero di Andorno, trapiantati ad Ivrea.
Il maestro Fei di Flecchia nel 1763 scolpì inoltre la cattedra della dottrina. A questo secolo risalgono pure i due confessionali di noce, che si trovano in fondo alla chiesa.
Il 10 settembre 1757 si faceva capitolazione con il pittore Giocondo Cassinis, figlio di Gio. Battista, pure pittore di Masserano, per l’esecuzione delle quattordici stazioni della Via Crucis, in tutto uguali a quelle che il Cassinis aveva dipinto per la parrocchia di Lozzolo e per il prezzo di £. 189. Questi quadri non esistono più, perché sostituiti dagli attuali, scolpiti in legno, colorito e dorato, da Giuseppe Zaninetti di Crevacuore nel 1839. Nella capitolazione con questo scultore si legge che dovevano essere: «in bosco in colori finissimi in basso rilievo e le figure … pure di colore finissimo con biaca ed oglio» e dovevano essere pagati £. 420. Lo Zaninetti fu uno dei maggiori scultori che operarono nel secolo scorso. La Via Crucis di Pratrivero denota nelle ultime stazioni una tecnica e una composizione diverse dal resto dell’opera, il che lascia pensare che lo Zaninetti si sia servito di qualche allievo della sua bottega, assai lontano dalla perfezione del maestro.
Per costruire gli altari laterali di cui abbiamo parlato e per altri lavori in muratura, fin dal 1751 i priori della chiesa si erano rivolti al Vescovo di Vercelli perché permettesse di lavorare gratuitamente nei giorni festivi: «… siccome ritrovasi la d.a loro parochiale sprovvista di varie supelettili, con due altari da terminare esistenti in d.a chiesa parochiale, porta maggiore ed atrio avanti d’essa da edificarsi, a fine di evitare il grave periculo che sovrasta e l’indecenza che siegue ne’ nevigosi e piovosi tempi …».
Intanto si era provvisto la chiesa di argenterie e di arredi sacri. Gli archivi ci hanno lasciato memoria di una pisside, acquistata a Torino nel 1746, un calice nel 1749, due reliquiari e una serie di cartegloria nel 1750, un piviale comperato a Torino nel 1761, una pianeta rossa di broccato d’oro del 1762, un piviale, una pianeta, un contraltare e un baldacchino di broccato nel 1764, ecc.
Nel 1759 si fece costruire una fornace, si fabbricarono mattoni e tegole per costruire una cappella-ossario a fianco della chiesa, con due sepolcri, muniti di aperture in pietra, dove trovarono sepoltura tutti i parrocchiani di Pratrivero da tale anno fino alla costruzione del cimitero attuale.
Nel 1771 si compì l’ultima Visita Pastorale di un Vescovo vercellese e la chiesa fu così trovata: «Baptisterium in Capella a cornu Evangelij postremo loco collocatum, Cancellis ligneis obseptum ac imagine S. Jo.in Bapte decoratum; cuius Pyramis est lignea eleganter elaborata … Jnsuper visitatum fuit Altare maius, quod est erectum sub invocatione cum simulacro S.ti Josephi … A Cornu Ep.le Altare sub titulo S. Antonij … Altare sub invocatione B.M.V. Angelorum … cuius devotum Simulacrum adest in concavo muri loco Jconis vitrea custodia munitum … a Cornu Evangelij Altare sub titulo S. Pauli seu conversionis de eodem … Altare sub titulo Suffraggij … Mandatum fuit ex marmore vel sericco etiam ex opere ligneo claudendum et distinguendum esse Presbyterium a reliquo Ecclesie …».
L’invito del Vescovo a costruire la balaustra fu accolto e nel 1782 si affidava la sua esecuzione al marmorino Francesco Olgiati. Costui scolpì inoltre il lavandino marmoreo della sacrestia e a lui si deve pire, anche se non risulta dai documenti, la scultura dell’imponente altare maggiore ricco di ornati e marmi pregiati, eseguito nel 1788. Nell’Inventario, redatto dopo la morte del parroco D. Giletti (an. 1805), gli altri sono così descritti con la chiesa: « La Chiesa è dìuna sol navata longa passi ordinari quaranta, larga dieci circa con cinque Altari. 1° Altar maggiore di marmo con quadro di dietro servente d’Ancona rapresentante Gesù, Giuseppe e Maria. 2° Altar alla diritta di materiale col quadro rapresentante la Madonna del rosario. 3° Altar di materiale col quadro rapresentante la conversione di S. Paolo. 4° Altar di materiale col statua rapresentante la Madonna degli Angeli. 5° Altar di materiale col quadro rapresentante S. Antoni. Un pulpito ed una Cathedra ambi intagliati a basso rilievo. Il Battistero colla vasca di pietra bianca e capello di bosco a basso rilievo. … Orchestra con organo di dieci registri sonanti. Campanile con due campane … Le sedie di noce attorno al Coro con suoi Genochiatorii e credenzini. Quadri quatordeci rappresnetanti la Via Crucis. Più altro rapresentante S. Guglielmo in atto di comunicarsi; più altro rapresentante S. Bernardino da Siena e altro simile rapresentante S. Chaterina da Siena.
Verso il 1830 l’altare di S. Antonio fu dedicato alla Addolorata. Intanto la chiesa, la cui ampiezza corrispondeva all’attuale navata centrale, incominciava a far sentire la sua incapacità a contenere la popolazione. Fin dal 1830 il geom. Michel Antonio Castelli presentava una perizia per il suo ampliamento, che però rimase sulla carta. Si dovette attendere fino al 1876 per realizzare tali lavori che sfondando i muri delle sei cappelle laterali, portarono la chiesa a tre navate.
Il disegno era stato presentato (e approvato dal Vescovo mons. Losana fin dal 2 dicembre 1868), dall’ing. Barberis, ma per mancanza di mezzi si domandò di iniziare i lavori sono nel 1876. Tutti contribuirono con le loro opere e offerte. La compagnia della Madonna degli Angeli il 22 settembre 1868 aveva donato alla chiesa una casa cadente per usare i materiali nella costruzione. Si fecero dei debiti, che furono pagati negli anni seguenti. Si lavorò per diversi anni. Scomparse le cappelle, anche gli altari laterali dovettero trovare una nuova sistemazione. Furono eseguiti in marmo dal marmista Zolla, mentre la ricostruzione della chiesa fu affidata all’impresario Martino Lora Tonet. Nel 1888 un’abbondante nevicata provocò al nuovo edificio un danno di oltre mille lire. In quella occasione anche le parrocchiali di Botto e Bulliana, a causa di quasi due metri di neve, subirono il crollo di parte del tetto e della volta. La facciata della chiesa fu eseguita all’inizio del ministero del parroco D. Bisone. Sullo stipite in pietra del portale centrale resta però ancora scolpito il millesimo «1751».
Nella relazione della parrocchia del 1903 risulta che gli altari laterali erano dedicati alla Madonna degli Angeli, alla Conversione di S. Paolo, alla Madonna del Rosario e alla Vergine Addolorata. Nel 1954 le navate minori furono allungate nella parte verso il presbitero per far posto a due nuovi altari, (oltre a quello già esistente della Madonna di Oropa) dedicati alla Madonna degli Angeli e al S. Cuore. Erano in parte di marmo e in parte di stucco e conservavano statue di gesso e furono tutti demoliti nella recente sistemazione della Chiesa. Questi ultimi, ingenti lavori, impegnarono la volontà e la generosità dei parrocchiani per diversi anni e furono portati a termine nel 1977, quando il Vescovo mons. Piola consacrò l’antico altare settecentesco, scomposto e adattato alle nuove esigenze della riforma liturgica. Il tutto fu eseguito su progetto della scuola d’arte a sacra «Beato Angelico».
Abbiamo già ricordato l’acquisto di alcuni arredi sacri, ma la sacrestia è dotata di numerosi paramenti e argenterie. Ricordiamo: una pianeta e due tunicelle di broccato di seta e d’argento su fondo verde, una pianeta e due tunicelle di broccato di seta su fondo rosso, un paramentale completo di broccato d’oro e di seta a fiorami su fondo bianco, una pianeta rossa di broccato d’argento, una pianeta viola di broccato d’oro, argento e seta a fiorami, una pianeta bianca a fiorami di broccato d’oro, un’altra pianeta bianca a fiorami in broccato d’oro, un’altra pianeta rossa in broccato d’oro e d’argento, tutti risalenti al secolo XVIII.
Tra le argenterie ricordiamo: una croce a altare in lamina d’argento, una croce astile in rame argentato, una pisside, un ostensorio grande, un ostensorio piccolo, tutti d’argento cesellato, due calici d’argento, lavorati a cesello, un reliquiario per la S. Croce in lamina d’argento, dodici candelieri e quattro grandi busti di Santi (senza reliquie) di rame argentato per l’altare maggiore: anche questi oggetti risalgono tutti al secolo XVIII. Sono pure custoditi alcuni reliquiari in legno dorato e argentato dei secoli XVIII-XIX, e un secchiello per l’acqua santa di ottone del ‘700. Alle parete della chiesa sono appese due tele settecentesche, rappresentanti la Pietà (sec. XVII) e la Nascita di Cristo (sec. XVIII) di ignoto, ma assai valente pittore.
Il campanile, tutto in pietra, risale al 1811, come si ricava dal millesimo scolpito sullo stipite della porta. Anteriormente le campane erano collocate su pilastri, sporgenti dal tetto della chiesa.
Il cimitero è anteriore di alcuni decenni ala fondazione della parrocchia. Nel 1723 i membri della confraternita della Madonna degli Angeli si rivolgevano alla Curia di Vercelli, domandando il permesso di poter costruire nell’interno della chiesa un sepolcro, che servisse da sepoltura sia per i confratelli che per gli altri abitanti della frazione. I motivi addetti erano quelli della distanza e dell’impraticabilità della strada fino alla parrocchia di Trivero. Il permesso venne, il sepolcro fu costruito e il 30 ottobre 1726 benedetto da D. Giovanni Andrea Gualinetto, delegato dal Vicario Generale. Questa sepoltura fu causa di infinite controversie con il parroco di Trivero, che tentava in tutti i modi di impedirne il funzionamento. Non dimentichiamo che siamo nel periodo caldo delle lotte per l’indipendenza parrocchiale, sempre e accanitamente ostacolata dal parroco di Trivero.
Si fecero ricorsi presso la Curia, la quale però favorì gli abitanti di Pratrivero e il 16 aprile 1739 dichiarò «lecito alli particolari di d.° Cantone di Prato, Pramorisio e Barbero d’eleggere la luoro sepoltura nell’Oratorio di S. Giuseppe». Nel 1760-61 si fece edificare a lato della chiesa una cappella, nel cui pavimento si ricavarono due sepolcri, che divennero il cimitero della parrocchia. Fu benedetta dal parroco il 5 novembre 1761.
In questa cappella si seppellì per un secolo. Nel 1830 il parroco così la descriveva: «Nella Chiesa Parrocchiale vi esistono due sepolture, una che si trova a metà circa della chiesa, ed in questa si seppelliscono i Bambini, l’altra che è poco distante dalla porta si seppellisce qualche Benefattore, il che di rado succede ambedue con doppia pietra sepolcrale. Vi è cimitero a parte, distante tre Trabucchi dalla Chiesa … sufficientemente grande avuto riguardo alla popolazione. Il Cimitero consiste in una Capella con Altarino e Crocefisso con sua porta, serratura e chiave, entro la quale vi sono profondamente incavate nella terra due sepolture cinte di muro con doppia pietra sepolcrale … I Sacerdoti si seppelliscono in chiesa se il Superiore Ecclesiastico permette di romper il pavimento, come sin ad ora si è sempre ottenuto d. permesso. I Fanciulli si son sempre seppelliti ed oggi ancor si seppelliscono nella chiesa, essendovi per questi sepoltura propria con doppia pietra sepolcrale».
Nel 1879 la parrocchia costruì il cimitero attuale, distante dalle abitazioni. Acquistò il terreno dal sig. Giletti, fece costruire la strada di accesso e la cinta del cimitero. Si edificò pure una cappella, che fu dipinta nel 1882 dal pittore Mazzietti. Fu benedetto dal Vescovo durante la Visita Pastorale del 4 maggio 1879.